La pagina del Clarinetto

 

JOHANN CRISTOPH DENNER E IL CLARINETTO
L’intuizione di un intraprendente artigiano di Norimberga ha dato origine al clarinetto, uno strumento dal suono sensuale e dal fraseggio brillante.
 
 

Johann Christoph Denner (1655 – 1707) fu l’inventore del clarinetto, lo strumento musicale che prese piede in orchestra grazie ad Haydn e Mozart e, in maniera definitiva, con Beethoven.

Denner cercava di migliorare lo chalumeau, uno strumento a fiato molto semplice impiegato nella tradizione popolare contadina, che suonava poco più di otto note e come mezzo di produzione del suono utilizzava un’ancia semplice (una sottile linguetta di canna che posta sul bocchino dello strumento produceva un suono grave e intenso). Grazie ai suoi esperimenti nacque uno strumento del tutto nuovo e unico, che completò la sezione dei fiati dell’orchestra: il clarinetto.

CONCERTI ALL’ARIA APERTA

Il clarinetto trovò un’immediata collocazione nelle bande militari: infatti, le sue caratteristiche timbriche rendevano il suo suono simile a quello della tromba (il termine clarino, che costituisce  parte del nome clarinetto, si riferisce proprio ad un particolare tipo di tromba) e il timbro chiaro e forte delle note acute ben si rivelarono perfette per le esecuzioni all’aperto.

Quasi da subito, quindi, nelle orchestre lo si utilizzava come sostituto delle trombe dove erano previsti passaggi tecnici troppo ostici per degli strumenti che presentavano in quel periodo alcuni limiti dal punto di vista esecutivo.

IN CONTINUO MIGLIORAMENTO

Dal semplice clarinetto a due chiavi di Denner ci furono una serie di sperimentazioni che diedero vita, dopo svariati tentativi, allo strumento che utilizziamo oggi.

Un contributo fondamentale fu dato a questo strumento da Ivan Müller, formidabile clarinettista che si esibiva con un clarinetto a tredici chiavi ideato da lui stesso, il primo a poter suonare in tutte le tonalità.

Ivan Müller tentò di proporre alla commissione del Conservatorio di Parigi le innovazioni da lui sperimentate sul suo stesso strumento per fare in modo che si diffondesse tra i musicisti e venisse industrializzato ma, nonostante la validità delle sue idee, la commissione respinse clamorosamente la sua proposta.

Amareggiato dal rifiuto, Ivan Müller proseguì con la sua carriera di musicista ma non riuscì mai a portare alla luce il suo progetto, nonostante fosse in grado di dimostrarne personalmente e quotidianamente la validità del suo meraviglioso strumento.

Nonostante il fermo rifiuto del Conservatorio di Parigi, il progetto di Müller divenne molto popolare e da esso originarono due sistemi ancora oggi largamente utilizzati: il sistema Albert e il sistema Oeheler.

L’IMBARAZZO DELLA SCELTA

Ebbe decisamente più fortuna il clarinettista Hyacinthe Eleonore Klosé, che prese spunto dalle innovazioni fatte al flauto traverso da Theobald Boehm e creò il moderno clarinetto a 17 chiavi e 6 anelli, che venne fabbricato e commercializzato da Louis Buffet nel 1839 a Parigi, ed è ilsistema che, con qualche piccola variazione, è utilizzato ancora oggi dalla maggioranza dei clarinettisti.

Esistono oggi due scuole di pensiero: alcuni musicisti preferiscono le caratteristiche del suono del clarinetto Boehm (tipico della tradizione francese) e altri quello del sistema Oeheler (tipico della tradizione tedesca).

NEL JAZZ DI IERI…

Se fin dal principio della sua esistenza il clarinetto è stato amato dai compositori classici, anche nel jazz venne utilizzato per anni come strumento di primo piano (utilizzato da brillanti esecutori come Sideny Bechet, Benny Goodman e Artie Shaw).

Successivamente però, con la nascita del bebop (uno stile rivoluzionario di jazz nato verso gli anni quaranta del secolo scorso), questo strumento ha vissuto un calo di popolarità, probabilmente perché l’interesse era tutto incentrato nella figura di Charlie Parker, sassofonista e compositore geniale che ha reso il sassofono lo strumento icona del jazz.

…E NEL JAZZ DI OGGI

È importante sottolineare l’apporto che diedero allo strumento musicisti fenomenali come Buddy de Franco ed Eric Dolphy, che hanno contribuito a rilanciare il clarinetto riproponendolo sotto nuove vesti, creando combinazioni timbriche estremamente interessanti che influenzano il repertorio odierno di questo strumento.

Oggi musicisti come Eddie Daniels, Paquito de Riveira, Anat Cohen, Don Byron e gli italiani Mauro Negri, Gabriele Mirabassi e Gianluigi Trovesi (per citarne alcuni) hanno dato vita a combinazioni strumentali assolutamente interessanti e innovative riportando in scena questo meraviglioso strumento.

UNA VOCE CHE INCANTA

Definito da Berliotz come “La voce dell’amore eroico”, il suono del clarinetto ha incantato e ispirato i più grandi compositori fin dalle sue origini: «Se anche noi avessimo due clarinetti…» scrisse Mozart in una lettera al padre, avendone fin da subito compreso le potenzialità durante un viaggio presso la meravigliosa orchestra di Mannheim, esempio di perfezione per i compositori dell’epoca.

Se allora si ricercava la purezza del suono e la fluidità del fraseggio, i compositori di oggi tendono a sperimentare effetti di ogni genere, come glissati, suoni doppi tripli, frullati, slap… 

Non a caso, fin dai tempi di Denner il clarinetto è stato oggetto di continue ricerche sotto ogni aspetto riuscendo, grazie alla sua estrema duttilità, ad adattarsi alle esigenze dei più disparati generi musicali.

Ad oggi la ricerca e la sperimentazione volta a migliorare lo strumento non si è ancora esaurita, anche se, come diceva il grande clarinettista Jack Brymer, “l’abilità di suonare il clarinetto sta nell’abilità di superare le imperfezioni dello strumento. Non esiste un clarinetto perfetto, non è mai esistito e mai esiterà”.

Davide Compostella
 
GEORG PHILIPP TELEMANN CONCERTO IN D MINORE PER DUE CHALUMEAUX